sábado, 30 de junho de 2012

Il poeta e la luna



In un cristallo d´echi, il giovane
poeta va per la via bruna,
mentre I suoi occhi, Verdi d´ètere,
aprono grotte nella luna.
La luna rotola sui flanco
rabbrividendo di lascívia;
sfiora il poeta, esangue e bianco<
le curve tumide de Trivia
cui soffice, tra le nitenti
sfere, biondeggia um vello fulvo;
il giovane, com gli occhi spenti,
socchiude il pettine alla luna.
Flussi di luce, flussi d´acqua
distilla pallida la cruda
ferita: il giovane si sciacqua
nella dolcezza che trasuda.
Arsa consunta disperata
la luna giace ora in decúbito;
il pigro avvento dello spasimo
la fa più aguzza, più falcata.
Alle carezze sulle braccia,
sul grembo madido che infuria,
la luna ad arco ormai si allaccia,
in un delírio di lussuria,
sin che, maturo, il frutto gronda
in lunghi fremiti.  Denuda
la luna l´altro quarto e affonda
e s´abbandona, pazza e muta.
L´orgasmo scende dallo spazio
disfatto in stelle, sciolto in nuvole;
dal mare il vento reca il sazio,
il salso odore dell´amata
che intanto cresce, nell´ebbbrezza,
estua, s´innalza, si dilata,
mentre il poeta sbigottisce
all´incredibile bellezza.
Infine l´astro s´assopisce
stanco, si spegne piano piano.
Anche il poeta è già lontano,
avvolto in piume, in melodia.
Ora è la notte che impazzisce
nel chiostro della gelosia.



Vinicius de moraes


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